IL REINSERIMENTO
Premessa
La grave crisi occupazionale che attanaglia il nostro Paese rappresenta il problema centrale nella iniziativa di ogni entità istituzionale, politica, sociale e culturale che oggi voglia affrontare e dare risposte concrete al disagio sociale ed ai drammatici effetti da esso provocati.
Il problema lavoro investe comunque tutta la Comunità Internazionale e si configura con caratteristiche nuove e per certi versi inedite che ne rendono più complessa e difficoltosa vuoi, la piena comprensione delle cause strutturali e congiunturali vuoi, soprattutto, la ricerca di formule progettuali capaci di agire concretamente per la sua risoluzione o, per lo meno, per innescare validi processi produttivi.

All'interno del problema occupazione si vanno ad individuare delle specificità che configurano, di fatto, un problema nel problema.
Parliamo delle dinamiche di esclusione sociale e di come queste abbiano una drammatica ricaduta sulle opportunità lavorative dei soggetti interessati dalle stesse: i cosiddetti "svantaggiati".
In questo senso la specificità del soggetto tossicodipendente risulta essere eccessiva e inutile in quanto lo stesso è soltanto uno dei molteplici soggetti che compongono l'arcipelago sempre più vasto degli "svantaggiati". Ma in verità , come vedremo, ci sono altri elementi, a valenza squisitamente socio-sanitaria, che legittimano pienamente la individuazione di questo soggetto come peculiare nella nostra analisi e riflessione attuale.
Nell’ambito della tossicodipendenza alcuni hanno voluto individuare tre livelli di intervento in funzione dell'obiettivo che ci si pone e cioè: l'ergoterapia, il lavoro protetto ed infine il lavoro produttivo.
Questa distinzione di tipo meramente didascalico ci aiuta ad entrare nel merito di alcune questioni. L'ergoterapia è, ovviamente, uno strumento a valenza squisitamente terapeutica che viene da alcuni utilizzato al fine di ricostruire la personalità del soggetto tossicodipendente.
Il lavoro protetto avrebbe fondamentalmente lo scopo di abituare la persona all'attività lavorativa, mentre il lavoro produttivo mira alla sussistenza ed alla realizzazione dell'individuo. E' su quest'ultimo aspetto che soffermeremo la nostra attenzione.
Da uno studio condotto dall'Istituto Italiano di Medicina Sociale si evidenzia come il 48,3% dei tossicodipendenti intervistati abbiano interrotto l'attività lavorativa a causa della dipendenza e che il 23,9% non lavorava affatto. Si evidenzia inoltre che solo il 13,0% al termine del percorso terapeutico-riabilitativo ha trovato lavoro attraverso progetti di reinserimento lavorativo. Ed ancora che il 13,4% è stato escluso dalla possibilità di accedere al lavoro perché ex tossicodipendente.
Si sono dichiarati discriminati sul lavoro (tipo di responsabilità , carriera, progressione economica, rapporto fiduciario, etc...) il 20,5% degli intervistati.
Viceversa, laddove sono stati indagati gli effetti del lavoro sulla qualità della vita degli ex-tossicodipendenti, è emerso che il 73,7% si dichiara più soddisfatto e, quindi, più sereno.
Infine il tipo di struttura dove gli ex tossicodipendenti lavorano risulta essere così individuato:

- il 46,3% in Aziende;
- il 23,5% in Cooperative;
- il 7,1% in Associazioni;
- il 7,4% nelle Pubbliche Amministrazioni
- il 15,6% in altre situazioni non meglio definite.
Sintetizzando potremmo quindi affermare che la questione lavoro nel tossicodipendente è principalmente riferibile a due elementi problematici: il primo è rappresentato dalla difficile compatibilità tra l'attività lavorativa e la dipendenza da sostanze; il secondo è rappresentato dalle evidenti discriminazioni che l'ex tossicodipendente subisce nel tentativo di inserirsi nel mercato del lavoro, discriminazioni che lo collocano, a pieno titolo, nel novero dei soggetti cosiddetti "svantaggiati".
Sul primo empasse si è consolidata una cultura dei Servizi (sia pubblici che del privato sociale) che ritengono di norma prioritario il percorso terapeutico-riabilitativo del tossicodipendente. D'altra parte il legislatore ha provveduto ad inserire nella legge (DPR 309/90) un meccanismo di salvaguardia che permette al lavoratore dipendente, che si sottopone ad un trattamento terapeutico-riabilitativo, di usufruire fino a tre anni di aspettativa retribuita.
Il vero problema è, però, quello che si impone al termine del percorso terapeutico -riabilitativo che, di norma, è lungo, difficile e faticoso e che dovrebbe permettere all'ex tossicodipendente di riacquisire il "diritto di piena cittadinanza" nella compagine sociale. Ed invece i processi di esclusione sociale, già ampiamente consolidatisi durante il tragitto tossicomanico del soggetto, non vengono affatto rimossi dalla nuova ed inedita condizione di "ex".
La tossicodipendenza risulta essere molto spesso una sorta di marker genetico che marchia il soggetto a vita e lo rende un perenne escluso sociale. Se a questo si aggiunge la condizione di detenuto il quadro si complica ulteriormente.
E' ormai ampiamente dimostrato quanto sia importante e fondamentale, per un soggetto che abbia intrapreso una devastante esperienza di tossicodipendenza e, quindi, di marginalità totale, poter recuperare, insieme a tutti i valori positivi universalmente riconosciuti, anche e soprattutto quello del lavoro, elemento inalienabile nella emancipazione sociale dell'individuo e della collettività .
E' altresì provato come nell'ex tossicodipendente l'attività lavorativa rappresenti un importante deterrente alle ricadute che, purtroppo, risultano essere tutt' altro che rare.